top of page
Schermata 2020-08-11 alle 17.15.42.png

A colloquio con il presidente del Circolo S. Pietro

 

La carità del vescovo di Roma non chiude per ferie

di Gianluca Biccini

 

La carità del Papa non va mai in vacanza: per questo a Roma il Circolo San Pietro, da 150 anni braccio operativo della solidarietà del Pontefice, continua ad assicurare anche durante il periodo estivo i servizi di assistenza ai poveri, come del resto ha fatto anche durante i mesi di lockdown — nonostante le difficoltà — nel periodo più duro dell’emergenza covid-19. Lo spiega in questa intervista a «L’Osservatore Romano» Niccolò Sacchetti, da sei mesi presidente dello storico sodalizio di laici che dal 1869 si prende cura dei bisognosi della città.

​

Il volontari del Circolo San Pietro gestiscono strutture di ospitalità, ricoveri  per i senza fissa dimora e  mense divenute note come «la minestra del Papa». Sono previste chiusure in questi mesi estivi?

​

No, restiamo aperti con la Cucina economica di via della Lungaretta, in particolare, perché quella di via Adige dopo la pandemia ha subìto un leggero calo in quanto a numeri. Rimaniamo ugualmente operativi con la Casa famiglia che in quest’anno così particolare abbiamo scelto di non sospendere neanche per un giorno. Alcune nostre attività tuttavia devono riprendere a funzionare a regime dopo la pausa forzata degli ultimi mesi. Mentre procede in maniera spedita l’attività della Commissione guardaroba che, grazie ad alcune preziose donazioni delle ultime settimane, è in grado  di fornire ai nostri assistiti capi d’abbigliamento del tutto nuovi. 

​

Come state vivendo l’emergenza del coronavirus?

​

Direi in maniera  frenetica, soprattutto nella fase di lockdown, quando i bisogni delle tante persone che vivono per strada si sono fatte urgenze ed emergenze, e tantissime famiglie chiuse in casa si sono trovate senza il minimo necessario per la sopravvivenza. Abbiamo moltiplicato gli sforzi con il grande aiuto di tutti i soci e volontari e il sostegno di tantissimi amici, agricoltori, associazioni e perfino la Grande distribuzione organizzata (Gdo). Nel nostro piccolo in quei tre mesi, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo, siamo riusciti a distribuire 12.000 pasti presso le nostre mense, 700 pacchi alle famiglie che ne avevano bisogno e un grande quantitativo di frutta e verdura donata dai contadini dell’agro romano. Siamo anche riusciti a tenere aperta la Casa famiglia di via della Lungaretta, dove ospitiamo i genitori dei piccoli pazienti del vicino ospedale pediatrico Bambino Gesù — per i quali abbiamo dovuto provvedere a ogni necessità per evitare di esporli al contagio — oltre che a trovare una soluzione in collaborazione col Comune di Roma per i senzatetto ospiti del nostro Asilo notturno.

La privazione della vicinanza tra soci è stata particolarmente pesante?

​

Penso che qualsiasi gruppo o associazione che sia, indipendentemente dalle finalità, abbia  bisogno di momenti di incontro che favoriscono scambio di opinioni e coesione, ma credo che questo periodo, se possibile, ci abbia unito ancora di più. C’è stata prossimità nella preghiera e grande partecipazione nelle opere che ci hanno riportato alle nostre origini. Siamo nati 150 anni fa proprio per dar da mangiare a chi ne aveva bisogno in una Roma povera e sofferente. Il nostro gruppo di giovani inoltre ha fatto più volte un giro di telefonate ai  soci più anziani per verificare che stessero bene e che non avessero bisogno di niente; e ritengo che questo testimoni una grande partecipazione e vicinanza.

​

Lei ha parlato del ruolo dei giovani nella vita associativa. Qual è il vostro rapporto con i social media?

​

In effetti, vista l’impossibilità di avere contatti personali e di comunicare per le vie abituali ci siamo dovuti rapidamente riorganizzare usandoli come hanno fatto tutti. In particolare abbiamo dato vita a una campagna di raccolta fondi #iononhocasa con risultati davvero commoventi, a conferma di una grande credibilità e fiducia che evidentemente il Circolo San Pietro ha saputo guadagnarsi nel tempo malgrado la grande discrezione che ci ha sempre contraddistinto.

​

A quali progetti state lavorando con maggior impegno?

​

Ce ne sono molti in realtà, ma tra i  più importanti considero il proseguimento dei lavori di ristrutturazione della  Casa famiglia in via di San Giovanni in Laterano, che sarà intitolata alla magnifica figura del Papa santo Paolo vi. Montini infatti come molti sanno è stato socio del nostro Circolo. Quest’opera, che verrà realizzata anche grazie al prezioso aiuto della Fondazione Bambino Gesù Onlus, accoglierà i piccoli, ricoverati presso l’ospedale pediatrico, insieme ai loro famigliari, così come accade nella struttura già attiva in via della Lungaretta. Ci piace dire che la Casa famiglia è il dono speciale e peculiare del Circolo San Pietro per la città di Roma, si tratta infatti di un progetto pensato per festeggiare il 150° anniversario di fondazione.

​

Lei è stato eletto nel febbraio scorso. Qual è la nuova direzione che ha scelto di dare alle opere del sodalizio?

​

Non credo che ci siano cambiamenti di rotta e nuove direzioni da prendere. Il Circolo  ha attraversato i secoli seguendo sempre la rotta tracciata da chi ci ha preceduto e penso che questa coerenza e continuità sia un grandissimo valore da proteggere. Allo stesso tempo dobbiamo essere capaci di adattarci ai tempi che cambiano e andare incontro ai nuovi bisogni di una società che si modifica sempre più velocemente e ci mette davanti a nuove sofferenze e nuove povertà e questo periodo di emergenza ne è stato certamente un esempio lampante.

​

«Preghiera, azione e sacrificio» è il vostro motto: lo considera ancora attuale per descrivere l’identità del sodalizio?

​

Francamente trovo difficile riassumere in tre parole 150 anni di storia. Ma è evidente che esse dicono ancora molto della nostra tradizione di carità al servizio del Papa e dei poveri di Roma. Ad esse ne aggiungerei altre due, che in questo periodo così difficile suonano particolarmente esemplificative della nostra missione, e sono: accoglienza e riferimento. Credo che oggi più che mai abbiamo il dovere di essere sempre più accoglienti verso chi ha bisogno di aiuto, ma anche verso chi ha bisogno di aiutare; e abbiamo il compito di essere un riferimento solido per entrambe le categorie di persone, sia per gli assistiti che devono sapere di poter sempre contare su di noi, sia per tutti quelli che avvertono l’esigenza di fare qualcosa per gli altri e che spesso non sanno come farlo e a chi rivolgersi.

bottom of page